MEDICO, PAZIENTE E BENESSERE. Intervista a Elena DDV Dragotto
Il benessere del paziente passa anche attraverso il benessere del medico? A queste e altre domande risponde Elena DDV Dragotto.
Un articolo pubblicato su Quotidiano Sanità pone l’accento sul benessere del medico come elemento centrale per favorire quello delle persone in cura. Abbiamo sviluppato il tema con la dottoressa Elena DDV Dragotto, fondatrice dell’Istituto HeskaiHer, dottore in psicologia, counselor relazionale supervisore e docente di Dinamica dei Sé e Voice Dialogue.
D: Dottoressa Dragotto perché è importante il benessere di chi ci cura?
Elena DDV Dragotto: Innanzitutto mi fa molto piacere, sia come professionista che come paziente, sapere che si sta iniziando ad affrontare questo tema nelle sedi della medicina cosiddetta “ufficiale”. Segno che anche gli ambiti della cura alla persona fino ad oggi più inespugnabili, stanno aprendo delle brecce a nuovi approcci più in linea con i tempi attuali.
Come giustamente evidenziato nell’articolo, il medico si trova spesso “a gestire l’ampio spettro emozionale che si viene a formare nell’ambito della relazione terapeutica medico paziente”. Inevitabilmente questo tipo di relazione crea nel medico una condizione emotiva difficile da gestire, soprattutto se non è preparato o semplicemente educato a farlo. Non sono un medico, ma ho amici medici, e una di loro una volta mi disse che si sceglie di fare il medico proprio per non avere a che fare con le emozioni. Non so se sia così per tutti, fatto sta che nel 2016, come anche sottolineato nell’articolo, nel programma di studi della Facoltà di Medicina e Chirurgia non c’è neanche un esame che riguardi la gestione delle emozioni e delle relazioni, o l’intelligenza emotiva. Si continua a considerare il malato come un corpo da curare, malgrado l’evidenza ambulatoriale e ospedaliera dimostri chiaramente altro. Sono decenni che le medicine cosiddette alternative si rivolgono al paziente con un approccio olistico, che contempli una cura per il fisico senza dimenticare la sfera emotiva e psicologica del paziente. Ovviamente per approcciarsi alla cura in maniera olistica bisogna conoscerne il linguaggio e sapere di cosa si sta parlando. Il paziente che si rivolge al medico è sempre molto vulnerabile e spaventato e in qualche modo, del tutto inconsapevolmente, questa condizione di fragilità attiva quella del medico stesso. Infatti, non è certo facile per il professionista avere a che fare con la malattia e gestire le proprie paure in tal senso. Avere gli strumenti per “guarire” dove possibile o curare, fornisce al medico un senso di potere che nasconde questa vulnerabilità. Ma se il paziente non si accontenta più solo delle pillole e porta insieme alla sua malattia anche il suo mondo emotivo in subbuglio? Quando si è malati si soffre, ci si sente fragili, si ha paura e si desidera condividere questa condizione, trovare sollievo anche solo parlandone a qualcuno che sappia ascoltare. Se il medico non è equipaggiato per affrontare tutto questo, senza farsene carico in prima persona, rischia di trovarsi sopraffatto dal mondo emotivo del paziente, ma anche dal proprio; oppure, se se ne fa troppo carico, di andare in burnout.
D: Si sente spesso parlare di “burnout”. Cos’è? Il Voice Dialogue potrebbe essere un supporto nei casi di burnout?
Elena DDV Dragotto: La sindrome da burnout è una forma di esaurimento che si manifesta nei professionisti che svolgono le cosiddette professioni d’aiuto o che entrano continuamente in contatto con persone che vivono stati di disagio o sofferenza. Secondo la Dinamica dei Sé (Psychology of Selves) una delle cause dello sviluppo di questa sindrome è la gestione troppo personale della relazione professionale. Spesso infatti, si ha l’idea che il professionista in questi ambiti debba obbligatoriamente “farsi carico” del disagio del paziente, sia emotivamente che in termini di disponibilità. L’alternativa a questo approccio così personale e invasivo per il professionista, non è il cinismo, la freddezza o il ritiro emotivo, ma quella che la Dinamica dei Sé definisce un approccio che utilizza un’energia impersonale. Nel primo caso, energia personale, il professionista ha una grande capacità di creare empatia con il paziente, ma “si perde” emotivamente nel paziente e non ha la capacità di mettere dei sani confini tra se stesso e l’altro e la conseguenza è un vero e proprio drenaggio energetico che alla lunga stanca causando reazioni di rigetto per il proprio lavoro e per i pazienti stessi. Nel secondo caso, energia impersonale, il professionista entra in empatia con il paziente restando però in contatto con se stesso, senza “perdersi” nell’altro, permettendo di mettere dei confini nella relazione e di valutare le situazioni con maggiore obiettività.
Anche nella mia pratica di counselor Voice Dialogue non potrei fare un buon lavoro se non attingessi alla mia energia impersonale, e di sicuro avrei concluso la mia attività molto tempo fa!
Incontri di counseling Voice Dialogue possono aiutare il medico a riconoscere e gestire le due energie e saperle padroneggiare nella propria pratica professionale
D: Anche senza stress estremo il Voice Dialogue può essere d’aiuto nella relazione medico – paziente?
Elena DDV Dragotto: Direi che saper padroneggiare l’energia personale e l’energia impersonale è utile sempre, a prescindere dal livello di stress che si è raggiunto nella propria professione. Aggiungerei anche la necessità per il medico, così come per tutte le professioni d’aiuto alla persona, di imparare a gestire la propria sensibilità/vulnerabilità. Avere accesso a questa “maestria” cambia totalmente la relazione con il paziente, aprendo all’empatia e alla compassione umana, in maniera impersonale, facendo della cura un’arte e una condivisione tra esseri umani. Il medico dovrebbe essere colui il quale ha fiducia nel potere di guarigione del paziente e ha gli strumenti per trasmettergli questo, condividendo con lui la responsabilità della guarigione. Il counseling Voice Dialogue potrebbe aiutare il professionista ad accedere a questa sua sensibilità e imparare a gestirla senza farsene sopraffare, sia interiormente che esteriormente; oltre ad aiutarlo a comprendere dove inizia e finisce la sua responsabilità e quella del suo paziente nel difficile percorso della malattia e della eventuale guarigione.
D: Come può un medico o un paramedico accedere a una formazione in Voice Dialogue?
Elena DDV Dragotto: L’Istituto Heskaiher che dirigo offre una formazione triennale in counseling relazionale Voice Dialogue che potrebbe essere un valido percorso sia di crescita e di sviluppo della consapevolezza personale; sia un ampliamento professionale, fornendo strumenti e approcci che possono essere di grande aiuto nella relazione con il paziente. La prossima edizione della Scuola di counseling partirà a settembre 2017 e sarei davvero felice di poter avere tra i partecipanti medici e paramedici che vogliano ampliare la loro capacità di intervento e l’efficacia della loro professione, così importante e delicata.
Un ambito di grande interesse e che è importante affrontare. Per il benessere di tutti , in primis di chi è nell situazione di bisogno o di malessere…Grazie Marzia
Grazie per il commento Marzia. Hai ragione, oltre ai professionisti il beneficio è grande anche per i pazienti! Elena DDV Dragotto