ORIENT EXPRESS. Ovvero la saggia lentezza del Voice Dialogue. Di Elena DDV Dragotto
Antefatto
La mia attività con i Cerchi delle Donne fino a dicembre mi porterà una volta al mese anche a Firenze e così, qualche giorno fa, ho approfittato di questa opportunità per incontrarmi a metà strada con mia “sorella” che vive a Bologna in un rendez vous chiacchiero-gastronomico molto piacevole.
Stazione di S. Maria Novella
Giunta l’ora di salutarci, l’ho riaccompagnata alla stazione. Ultime chiacchiere. Accordi per il prossimo rendez vous. Baci.
Lo avevamo già notato entrando in stazione, era lì, fermo ad un binario come un treno normale, in attesa anche lui di partire, per Venezia. Ma non era il solito treno, era l’Orient Express, “il” treno. E così avevo promesso a me stessa ed a mia sorella, che una volta salutateci, in qualche modo ci sarei salita, un’occasione da non farsi assolutamente scappare. Ed ora era arrivato il momento di trovare la strategia migliore per raggiungere l’obiettivo.
Orient express
Eccolo, tirato a lucido, di colore verde con rifiniture dorate. Sul marciapiede era stato messo un piccolo tappeto con la scritta ORIENT EXPRESS e lì vicino lo staff del treno, tutti in divisa o livrea, dal cuoco ai camerieri, stewards ed hostesses, erano in posa per soddisfare la maniacale attività preferita dai giapponesi in vacanza: fare foto. E così, a coppie od in piccolo gruppo, affidando la preziosa fotocamera ad un membro del loro gruppo, in posa con lo staff del treno, tra sorrisi e gridolini, si facevano immortalare in questa speciale occasione.
Dapprima il mio Sé Ribelle ha tentato di soddisfare a suo modo il mio desiderio – d’altra parte non a caso è uno dei miei sé primari -, e così mi ha condotta più avanti sul binario, per permettermi di arrampicarmi, non vista, su di un predellino ed espugnare il “sacro” mezzo di locomozione. Ma, come spesso accade, il Ribelle non è poi tanto furbo, e si è inevitabilmente scontrato con la prevedibilità di un’azione di questo tipo: le porte dei vagoni erano rigorosamente ed inesorabilmente chiuse. Non mi restava che rendermi visibile nella mia aspirazione e percorrere le strade più ragionevoli e lecite per soddisfare il mio indomabile desiderio, chiedendo semplicemente se era possibile visitare il treno. Qualcuno mi ha indicato un giovane uomo, dai modi gentili e squisiti e con un piacevole accento francese, che, creando una “liaison” fra il mio ed il suo Ribelle fatta di movimenti furtivi e scambi di parole a bassa voce, mi ha nuovamente fatto percorrere una parte di binario per allontanarci da occhi indiscreti, salire alla chetichella sul predellino di una carrozza e finalmente aprirmi a questo immoto mondo fatto di legno e ricercatezza.
Viaggio di altri tempi. Stile liberty. Carrozze ovattate. Cura dei particolari. Bellezza. Colori delicati ed intonati tra di loro che amoreggiano con la struttura in legno scuro. Abatjours che emanano luce soffusa, quella delle intime confidenze. Moquette morbidissima. Privacy ed intimità. Ed improvvisamente sono caduta nell’energia/atmosfera del vero viaggio, quello che rispetta i tempi dell’anima ed a cui l’anima risponde ampliando il proprio respiro ed i propri orizzonti. Quel viaggio che passa attraverso gli occhi ed entra nell’anima per sollecitarla a non essere più quella di prima della partenza.
E la magia dell’ Orient Express ci ha presi entrambi, me e lo squisito steward, invitandoci a condividere, in quei pochi minuti, le nostre anime irrimediabilmente romantiche, innamorate del viaggio, interiore o mondano, e della sua magia, scoprendone le analogie.
La saggia lentezza
Ultimamente mi sta molto a cuore il tema della “lentezza dell’anima”. Già l’esperienza con gli Stone (vedi articolo “La prima volta a Thera”) mi aveva focalizzato sulla necessità dell’ intimità e sul naturale fluire di cui un processo di crescita personale ha bisogno e qui, avvalendomi dell’esperienza di quel giorno alla stazione di Firenze, sono a ribadire con ancora più convinzione che la fretta e la chiassosità in questi ambiti è fuori luogo se non un’illusione.
Da qualche tempo, dopo l’avvento della PNL, da molte parti vengono proposti seminari miracolosi di qualche giorno se non addirittura di un fine settimana, che promettono radicali cambiamenti di vita e di personalità. La mia esperienza è un’altra e sono sicura anche quella della maggior parte di coloro che si sono affidati a queste promesse: il viaggio verso l’anima non è un “fast trip” dozzinale, ma un viaggio sull’Orient Express, con i suoi tempi e la sua poesia.
Mi viene spesso da chiedermi: ma come staranno queste persone dopo sei mesi dalla loro “miracolosa” esperienza? Che fine hanno fatto quei sé rinnegati sollecitati da queste esperienze e sui quali spesso sono focalizzate? Ed i loro sé primari? Con quale accanimento e rinnovato ardore hanno ripreso in mano le redini della loro vita, spaventati da un possibile nuovo terremoto? Eh sì, perché il rischio in queste persone che cadono nella trappola del “fast trip” è quello di confondere l’illusione dell’obiettivo con un errore di scelta dell’agenzia di viaggio. Così intraprendono nuove ricerche e conseguenti nuovi viaggi, convinti che si tratti semplicemente di trovare l’agenzia giusta perché il viaggio mantenga la promessa del “all inclusive/all resolved”.
Mi ritengo fortunata ad aver incontrato la “Travel Agency Voice Dialogue”, che promette, e mantiene la promessa, di un affascinante viaggio lungo una vita, dove non ci si annoia mai e ci si innamora costantemente, di se stessi e della vita stessa. Questa agenzia non vende illusioni, ma certezze. La certezza del naturale ed adeguato ritmo dell’anima in cammino verso se stessa.
Nella naturale lentezza del viaggio interiore si cela la vastità dell’essere umano. Un viaggio fatto di Bellezza, poesia, cura e ricercatezza, amore per terre conosciute e sconosciute, dolore e spavento negli attraversamenti delle terre desolate ed abbandonate, incontri belli e brutti, rassicuranti o compromettenti, panorami o abissi mozzafiato, piccole e grandi morti come tramonti, ma anche albe sconosciute e piene di nuove speranze, umanità e compassione riscoperte, silenzi ed intimità, immagini come sogni, benedizioni e stupore, comodità e scomodità, ardori e indolenza, vuoto, stanchezza, intuizioni, scoperte, voglia di casa.
Come un viaggio sull’Orient Express, lungo, ma dove c’è la cura e l’attenzione per il viaggiatore e le sue esigenze, dove si conosce il vero valore del viaggio.
E così, io, il mio viaggio di essere umano ho scelto di farlo sull’Orient Express. Per essere sicura di andare verso casa. Ed arrivarci.
Roma, 13 novembre 2011