I DONI DELL’INTUIZIONE
Io baso tutte le mie decisioni sull’intuizione.
Io tiro un dardo nell’oscurità. Quella è intuizione.
Poi devo mandare un esercito nell’oscurità per cercare il dardo. Quello è intelletto.
(Ingmar Bergman)
La parola “intuito” affonda la sua radice etimologica nel latino “inteor”, composta da “in” che significa dentro e “tueor” guardare. Per intuizione, quindi si intende qualcosa che è legata al “guardare dentro”, dall’entrare dentro con lo sguardo, e da lì, cogliere un aspetto nuovo della realtà.
L’esperienza dell’intuizione è un tipo “conoscenza immediata”, una forma di sapere non facilmente spiegabile a parole, che come un lampo improvviso rischiara l’ambiente della mente, senza avvalersi della logica del ragionamento.
Il fisico austriaco Fritjof Capra autore del “Tao della Fisica” racconta come alcune sue intuizioni, improvvise e inattese abbiano indirizzato il corso degli eventi della sua vita:
« Alcuni anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro.
In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. […] Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; «vidi» scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; «vidi» gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a quella danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica: e in quel momento seppi che questa era la danza di Śhiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù. » (Il Tao della fisica, Adelphi, 1993, pp. 11-12)
Le sue parole cariche di energia disegnano il quadro magico dell’intuizione. Una conoscenza non ragionata, frutto di collegamenti sinaptici che all’improvviso si connettono ad un piano della realtà nuovo, facendoci entrare in un tempo diverso, lasciando affiorare alla mente immagini e portandoci una frase, un’idea di nuova possibilità che sembrava essere li ad aspettare. Un processo al di sotto della coscienza. Più profondo. E talvolta così evanescente che può svanire con la stessa rapidità con cui è arrivato, senza che si riesca neanche più neanche a ricordarlo.
Una forma particolare di conoscenza
Il noto psicologo dello sviluppo Jean Piaget, indicava con la parola “intuizione”, quella fase del pensiero a cui arriva il bambino, tra i quattro ed i sei anni. In questo periodo della vita non abbiamo ancora sviluppata la capacità di definire i concetti senza che ne possa fare esperienza diretta, cioè vedendola o toccandola. Una fase dello sviluppo cognitivo in cui ancora il pensiero non si fonda sulla ragione, ma si muove ancora sugli spartiti che potremmo definire irrazionali, cioè non inseriti nello spazio della conoscenza logica deduttiva.
Anche negli ambiti filosofici essa è considerata il fondamento di ogni conoscenza o, addirittura, il punto più alto della conoscenza. E’ attraverso l’intuizione che ci si impadronisce di qualcosa di nuovo, in quanto si instaura un’affinità, una parentela tra il “soggetto e oggetto”. Al contrario quando si assume un “atteggiamento razionale” si crea una distanza tra il soggetto e l’oggetto. Intuire non significa guardare in modo rapido o distratto, ma entrare in profondità, affondare in sé stessi.
La mente intuitiva è un regalo sacro e la mente razionale è un servitore fedele.
Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il regalo.
(Albert Einstein)
Anche nello studio di problemi complessi o nella definizione di formule matematiche, l’intuizione può assumere un gran peso. Magari dopo ore di ragionamenti o di tentativi per arrivare alla soluzione del problema, nella mente improvvisamente si accende una luce, l’intuizione appunto, che permette di cogliere una nuova realtà, e quindi di approcciarsi diversamente e di conseguenza, di risolvere.
Pensando a sé, al proprio mondo interno come una molteplicità di aspetti, una specie di “condominio interiore” abitato dai tanti Sé che compongono la personalità, è facile accorgersi come alcune nostre parti siano depositarie di queste grandi capacità intuitive. In particolare alcuni aspetti del “Bambino Interiore”, uno dei Sé che sta in contatto con il potere libero della creatività, e che purtroppo durante il processo di crescita, molto spesso, a causa di visioni educative distorte, ma prima di tutto di abitudini culturali “in-consapevoli”, viene sedato o talvolta giudicato (“smettila di di essere imbambolato…” “ ti devi svegliare…” “ Sei sempre con la testa in aria…”) e redarguito, provocando una naturale reazione di auto censura verso questo immenso potere immaginativo, e soprattutto il tempo necessario perché questo avvenga.
E allora come fare per riconnettersi con questa propria caratteristica? Il Voice Dialogue, offre una via speciale per questo! Il Voice Dialogue è un metodo che aiuta la persona a rientrare in contatto con questi aspetti di sé, generando un equilibrio tra le parti Organizzatrici – Razionali – Attiviste che permettono di fare esperienza del mondo in “modo sicuro”, e di stabilire, in modo del tutto naturale, una nuova relazione con i Sé che sanno aprire gli occhi su scenari inconsueti, poetici, liberi e visionari.
Il proprio processo di consapevolezza permetta un equilibrio tra queste energie intuitive ed i Sé razionali e organizzatori. Permette di perdersi nell’immaginazione e di saper tornare alla concretezza, traendo come risultato una lampante nuova visione della realtà, quella che normalmente chiamiamo Intuizione, appunto. L’intuito ascoltato, permette ad ognuno di prendere in mano il disegno del proprio futuro, scoprendo prospettive innovatrici di alternative. Il Voice Dialogue lavora per questo processo dinamico interno.