Senso del Noi ed Ego Consapevole
Mezzo secolo fa, durante i miei anni da studente, appresi dai miei professori di antropologia
che la data di inizio della cultura o della civiltà (ossia di una società in tutto e per tutto umana)
era stata determinata basandosi sul ritrovamento di uno scheletro umanoide
di un maschio che era morto a trent’anni,
ma che si era rotto una gamba e aveva iniziato a zoppicare durante l’infanzia.
I miei professori mi spiegarono che solo all’interno di una società umana
sarebbe stato possibile a una creatura simile
sopravvivere fino all’età di trent’anni».
[Zygmunt Bauman]
Il bisogno di appartenenza e il senso di integrazione sono alla radice delle più profonde umane necessità. Una sorta di pulsione sociale atavica che risiede nel DNA dell’umanità, connessa al profondo istinto di sopravvivenza e conservazione della specie.
Eppure oggi, nella contemporaneità delle nostre società “post-industriali”, il tema primario non è essenzialmente la sopravvivenza, ma piuttosto la “qualità della conduzione di vita”. Un indicatore adatto per esaminare questo tema è sicuramente la capacità di stringere relazioni significative con gli altri, e ciò è determinato soprattutto dall’attitudine comunicativa e relazionale verso gli altri, e dalla capacità di consapevolezza di sé e del proprio mondo interno.
Forse non è eccessivo definire le competenze relazionali e comunicative come l’elemento connettivo nel tessuto della socialità tra le persone. La conoscenza della grammatica dello stare in relazione, diviene l’elemento cardine dell’agire sociale. Eppure nonostante la nostra sia una società tecnologicamente evoluta, il livello di alfabetizzazione emotivo relazionale è ancora debole. Il motivo di questo è che gli enormi mutamenti socio-culturali avvenuti dal secondo dopoguerra ad oggi, e in particolare quelli derivati dalla controcultura degli anni ’60, hanno da una parte abbattuto alcune delle certezze su cui poggiava il senso comune, ed i nuovi modelli che si stanno affermando, non sono ancora recepiti in modo stabile e diffuso.
Causa e conseguenza di questo è che nessuno insegna, ad esempio nelle scuole, ma neanche nel mondo della formazione professionale, a comunicare con se stessi e con gli altri, ad impostare in modo positivo e costruttivo i rapporti interpersonali, oppure a riconoscere le proprie emozioni ed esprimere i sentimenti e i bisogni in modo coerente.
Quindi nel nostro mondo sociale iperconnesso e innovato, per poter gestire in modo positivo il processo evolutivo, occorrono nuovi strumenti e nuove competenze educative che mettano in grado le persone di orientarsi in questi territori sociali nuovi privi di strade certe, di mappe, di fari di orientamento. (E. Cheli[1]).
E’ decisivo includere tra gli obiettivi primari della “nuova era”, l’istituzione di una nuova forma di educazione alla consapevolezza emotiva e relazionale (inter-personale e simultaneamente intra-personale), sia per i bambini nelle scuole, che nella formazione per adulti (life long learning). Oltre a questo anche l’espansione di un’adeguata rete diffusa di “servizi alla relazione”, quali il counseling relazionale (E. Cheli[2]), potrà contribuire allo sviluppo di un miglioramento della qualità della vita delle persone.
Il Voice Dialogue, metodo educativo per lo sviluppo del processo di consapevolezza di sé, elaborato da Hal Stone, Ph.D. e Sidra Stone, Ph.D. si propone come strumento per la trasformazione della qualità comunicativa e relazionale della persona, attraverso l’incoraggiamento all’assumersi la profonda responsabilità di quanto accade a livello individuale, impegnandosi a creare un migliore equilibrio tra le parti che agiscono in sé, e quindi di riflesso, influenzando il livello sociale e collettivo.
Una reale sfida, che permetterà di collegare i piani micro e i piani macro dell’agire individuale e sociale (D. Ikeda[3]), facilitando la trasformazione positiva a entrambe i livelli e dando possibilità al tessuto sfilacciato della società contemporanea, di essere riparato.