IL MIO TERREMOTO. Ovvero, dei Sé Primari e del Rinnego. Di Elena DDV Dragotto
La notte del 24 agosto, anche io sono stata svegliata dal terremoto. Il mio primo terremoto. Vivo in campagna, in Bassa Sabina, nel Lazio.
Non ho capito subito cosa stesse accadendo, ma ho capito che era qualcosa di insolito, strano. Ho acceso la luce, mi sono alzata e sono andata in cucina: era il terremoto. Ho acceso la televisione, poi ho pensato fosse meglio radunare in una borsa le cose che ritenevo fondamentali salvare nel caso di una nuova scossa: il computer, i cellulari, i soldi, i documenti. Alla seconda scossa ho spostato l’automobile. I miei vicini erano in automobile dalla prima scossa. Abbiamo passato il tempo della paura e delle notizie sempre più sconvolgenti insieme, fino alle 6.30.
Da quella notte anche dentro di me si è aperta una crepa.
Ogni sera, da quella notte per 15 giorni, radunavo le cose in una borsa e le mettevo vicino la porta di casa, sotto il muro portante, insieme alle scarpe. Dormivo vestita, con le luci accese, un cellulare e una torcia sul comodino. Ognuna delle migliaia delle scosse percepibili, mi faceva saltare in piedi, pronta alla fuga con il cuore che batteva forte. Era difficile dormire.
La mia crepa. Tornare o trovarsi a casa la sera, con il buio, era così preoccupante. La casa che tanto amavo, mi era diventata nemica. Il paesaggio dalle mie finestre, mi era estraneo. Qualcosa si era scollato. Vivevo scollata dalla mia realtà quotidiana. Mi scoprivo sconosciuta a me stessa. Mi scoprivo vulnerabile. La Elena forte e indipendente se n’era andata e dalla crepa del terremoto interiore era uscita un’Elena paurosa, vulnerabile, con la lacrima facile che si sentiva sola. I miei Sé primari avevano fatto un lavoro superbo, tenendo così ben nascosto e protetto tutto questo. Grazie a loro sono sopravvissuta fino a quel momento. Non ce l’avrei fatta prima a stare con tutto quello che è emerso dalla quella crepa interiore aperta dal terremoto reale.
Tutto quello che era stato tenuto chiuso là sotto, è uscito dalla crepa. E così sentivo la paura. La paura di vivere da sola. Il dolore di una vita solitaria. La mancanza di un compagno e di una vita condivisa. Il dolore per la morte di mio padre che si è portata via una parte di vita che ora sembra non esserci mai stata. La paura della morte. L’importanza dei legami affettivi. Il profondo senso di solitudine. Lo struggimento per la vita che passa e i ricordi che aprono la pancia, perché sono ormai laggiù, così lontani, in un’altra vita. La costante rincorsa di un riconoscimento, che non arriva mai…quanto aveva condizionato la mia vita, il mio lavoro, le mie scelte… Sono stati giorni in cui ho DOVUTO ascoltare ciò che emergeva dalla crepa. Ascoltare i miei Sé rinnegati. Giorni non facili. Impegnativi e dolorosi. Giorni introversi. Giorni di ascolto. Giorni di lacrime. Giorni di vulnerabilità.
E poi. Ho guardato alla mia vita, al suo senso per me, e così… Amo il mio lavoro, ma voglio anche un compagno e passare i week end con gli amici, facendo le cose che fanno tutti: andare al cinema, a mangiare una pizza, a fare shopping. Voglio una vita vulnerabile e bisognosa, in cui non devo essere perfetta per meritare di amarmi e di essere amata. E basta cercare nei libri quella perfezione tanto cara al mio Critico interiore. Voglio vivere, sbagliare, dipendere, avere bisogno, soffrire, gioire, partecipare. Sì partecipare.
Lavorerò di meno, mi divertirò di più, amerò di più, viaggerò di più e passerò più tempo con le persone a me care. Camminerò, mi guarderò intorno a naso per aria, riderò, curerò il mio corpo, farò sport. Mi permetterò di essere intima con gli altri e con la Vita. Mi permetterò di essere Vulnerabile.
E finalmente. La sera non metto più la borsa vicino alla porta. Dormo. Il paesaggio dalle mie finestre è tornato ad essere meraviglioso e la mia casa il mio posto. Amo ancora di più il mio lavoro. Ho ridotto e procrastinato alcuni impegni lavorativi. Ho cancellato impegni dall’agenda. Vado al cinema. Condivido i week end in cui non devo lavorare con gli amici, facendo cose piacevoli. Passeggio estasiata per Roma. Faccio ginnastica. Scelgo la mia vita da ciò che voglio veramente e che posso realmente sostenere in termini di impegno e di tempo, e non dalla paura o dalla necessità di essere riconosciuta. Mi sento più leggera.
Grazie ai miei Sé primari. E grazie ai miei Sé rinnegati.